Prospetto di Santa Maria della Pazienza

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Del complesso fondato dal Cesareo (1601) resta oggi visibile, nella sua antica configurazione, la sola chiesa, restaurata a più riprese dal XVIII secolo: Costantino Manni opera una ristrutturazione nel 1733 e, due anni dopo, gli succede Tommaso Eboli. Si documenta, poi, intorno al 1760, la presenza di Niccolò Tagliacozzi Canale. La struttura architettonica del Complesso della Cesarea rispecchia i caratteri del linguaggio elaborato nell’epoca della Controriforma. Nonostante le diverse stratificazioni, Barocco e Tardo-barocco contraddistinguono le scelte formali generali. LA FACCIATA La facciata della Chiesa di S. Maria della Pazienza prospetta sull’area che era, in origine, il sagrato del Santuario; una volta delimitato da colonnine di pietra che recavano, intagliato, lo stemma nobiliare dei Cesareo (sono state man mano divelte, fino all’ultima, pare, non più di una cinquantina d’anni fa ), il sagrato era collegato – attraverso una doppia rampa – all’area inferiore, che corrisponde all’attuale piazza Mazzini .

La facciata con campanile si collega – attraverso un corpo di fabbrica di passaggio – all’edificio che accoglieva l’ospedale (oggi risulta con stratificazioni successive e versa in condizioni non buone, come si può notare sia dall’esterno, che entrando nel cortile); di questo si evidenzia, ancora, la parte superiore della struttura con beccatelli e, all’interno, i corridoi con volte a crociera. La superficie della facciata, di recente restaurata, si presenta abbastanza semplice ed elegante: è delimitata – in orizzontale – da una partitura di cornici marcapiano ed – in verticale – da paraste binate; nella fascia sotto la cornice marcapiano vi è il nome del Santuario; l’ordine inferiore presenta un rivestimento in bugnato di piperno ( una trachite, di origine vulcanica, che, con il tufo, è il materiale più utilizzato a Napoli e di cui, come per il tufo, esistevano numerose cave urbane e suburbane ), così come di piperno è il grande portale centrale dalle chiare forme barocche. Il timpano spezzato, le volute delle cornici, l’inserimento della nicchia con il gruppo scultoreo della Vergine con il Bambino ( di C. Mele), indicano elementi fondamentali del linguaggio barocco: le superfici mosse ed aperte, la varietà delle linee elaborate e gli effetti chiaroscurali enfatizzano le forme del portale.

Nella fascia superiore, al centro, un’edicola inquadra un finestrone in cui sono ancora presenti vetri originali, che presentano, in trasparenza, piccole stelle. Eleganti e di buona fattura sono le sculture in stucco che arricchiscono il frontone triangolare di coronamento, con mensole, e che s’inseriscono con equilibrio, pur nella scioltezza della postura delle figure. Nella torre campanaria compare, oltre l’orologio (del 1913), una lapide che ricorda il restauro fatto nel 25° anniversario della solenne “incoronazione” dell’immagine della Vergine della tavola manierista di S. Maria della Pazienza (sull’altare maggiore, all’interno). Dal lato opposto, sopra una porta che da’ l’accesso alla Cappella funeraria (e che corrisponde, all’interno, alla massima parte della prima cappella destra) vi è un’altra lapide con i nomi dei parrocchiani morti durante le Quattro Giornate di Napoli. Prima di entrare, sono da ammirare le belle ante originali in legno, con lo stemma pontificio – a sinistra – e quello del Santuario – a destra.