Enjoy Places – Chiesa della Cesarea – Navata centrale

t-D15030682A

L’INTERNO

L’impressione immediata, entrando nella chiesa, è quella di essere immersi in uno spazio ampio ed equilibrato.
Dal punto di vista architettonico, infatti, la chiesa di Santa Maria della Pazienza è impostata secondo una pianta tipica del periodo della Controriforma, cioè un’unica grande navata con cappelle laterali, in questo caso separate da dieci grandi arcate a tutto sesto, 5 per ogni lato; non presenta transetto, ma una tribuna che collega al presbiterio ed all’abside. La tribuna è sormontata da una cupola (secondo alcuni studiosi di Cosimo Fanzago) che poggia su di un tamburo aperto da 8 finestroni; di forma slanciata, ha la base recinta, all’esterno, da una grossa cornice di basalto. Il presbiterio è coperto da una volta a botte.

Bisogna considerare che, dal momento della fondazione seicentesca, alcuni interventi architettonici hanno apportato delle trasformazioni rispetto alle forme iniziali. Già nel Settecento sono documentati pagamenti a diversi architetti che hanno lavorato nella chiesa (compare, come già specificato, anche il nome di Niccolò Tagliacozzi Canale).
Oggi notiamo, in particolare, che la prima cappella a destra (dove è stato posto un Crocifisso ligneo) è quasi inesistente, perché diventata Cappella funeraria, con l’accesso dall’esterno.

Alzando lo sguardo ci si rende conto che il soffitto non è più quello originario: infatti fu, una prima volta, sostituito alla fine dell’Ottocento ( all’epoca di monsignor Princi ) con una copertura in travi di ferro e soffitto in legno con decorazioni pittoriche baroccheggianti; ma – a causa di continue infiltrazioni d’acqua – fu nuovamente ricostruito nel 1961, con l’attuale struttura a cassettoni in gessetto. Al centro del soffitto si trova una grande tela, con i toni chiari ed ariosi del tardo barocco della metà del Settecento: il Riposo in Egitto di Giuseppe Pozzovivo.

Anche il pavimento della navata è stato sostituito: in origine era costituito da mattoni in argilla con inserti maiolicati, come si può vedere in una testimonianza del pavimento conservato nella terza cappella a destra. Ma, nel 1929, per iniziativa del mons. Fabozzi, il pavimento fu realizzato in marmo, così come si rileva dall’iscrizione fatta incidere al centro del pavimento stesso: se la struttura ne ha guadagnato in funzionalità, per l’uso intensivo della pavimentazione, l’intervento ha distrutto un interessante prodotto dell’artigianato artistico seicentesco.
Ma la più evidente delle trasformazioni è quella che ha interessato la parte del presbiterio e dell’abside, completamente stravolta dopo il Concilio Vaticano II.

Infatti l’altare, eseguito in commesso marmoreo tra Seicento e Settecento, appunto dopo il Concilio Vaticano II ( negli anni ’60 del ‘900) è stato smontato e rimosso per l’adeguamento ai nuovi criteri liturgici. Le varie parti delle lastre marmoree sono state rimontate alle spalle dell’attuale altare, per creare la sede presidenziale e gli sgabelli per i ministri; altre lastre sono state utilizzate con funzione decorativa nella quinta che separa il presbiterio dall’abside. Il coro aveva già subito una trasformazione alla fine dell’Ottocento, quando mons. Princi fece rimuovere gli stalli lignei che, in origine, erano dietro l’altare e li trasferì nella sacrestia, creando una cantoria (che, successivamente fu adibita a nuova sacrestia), mentre al piano superiore – negli anni ’50 del ‘900- veniva sistemato il nuovo organo polifonico. Dalle testimonianze fotografiche precedenti alle ultime variazioni si può aver un’idea di come sia mutato l’aspetto complessivo! (Al giudizio personale le riserve rispetto ad un tale intervento!).
Tutto ciò considerando anche la costruzione del centrale trono marmoreo policromo (del 1960), che accoglie la tavola dipinta ad olio di S. Maria della Pazienza, l’opera più antica della chiesa, originariamente collocata nella quarta cappella a sinistra, ma poi (sempre all’epoca del Concilio Vaticano II) spostata in corrispondenza dell’altare maggiore.
Il bel lavoro del commesso marmoreo, con marmi policromi ed intarsi in madreperla e pietre dure, dell’altare originale rappresenta un tipo di produzione che, nel barocco seicentesco napoletano, vede una grande fortuna per l’ effetto decorativo di grande ricchezza: come si può notare, questa tecnica fu utilizzata anche negli altri altari e nelle transenne delle cappelle laterali della chiesa.

Nelle cappelle laterali, appunto, il linguaggio architettonico varia: trattandosi, chiaramente, di spazi di proprietà privata di importanti famiglie nobiliari, diversi sono stati gli interventi di architetti ed artisti; tali aree degli edifici sacri, riflesso del prestigio aristocratico, erano modificate o arricchite in modo autonomo, secondo gusti e tempi diversi. Nonostante ciò, in quasi tutte le cappelle prevalgono le ricche forme e decorazioni barocche e le più eleganti strutture tardo-barocche.
Particolarmente interessanti la quarta e quinta cappella del lato sinistro, con elaborati altari e decorazioni plastiche a stucco lumeggiate d’oro, che ripatiscono scenograficamente le superfici murarie.